Romagna mia, madre mia: il racconto di un addio che sa di vita

Loredana, al secolo Giorgi, 77 anni ma giovanissima dentro, se ne è andata un anno fa, in piena notte, a…
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Loredana, al secolo Giorgi, 77 anni ma giovanissima dentro, se ne è andata un anno fa, in piena notte, a Rimini. Romagna mia, madre mia. Io non sono suo figlio, ma ho sposato sua figlia. Nella vita faccio il cronista, anche degli affetti, e quando gli affetti sono troppo forti bisogna guardare con il prisma del passo indietro. Una madre che era la Romagna, nella modalità del vivere e nell’essenza, una parte di storia che se ne va. Il respiro che scompare e tronca la vita all’improvviso. Dopo una breve e feroce lotta con un cancro più forte di tutto.

L’ho vista l’ultima volta a Pasqua di un anno fa, davanti al Grand Hotel che parla ancora di cinema, il corpo felliniano già ormai divorato. Della donna bellissima, attiva e rumorosa, era rimasta solo una dolce e disarmata fragilità. Una donna alfa controcorrente nell’antropologia attaccata alla tradizione, divorziata per amore ma senza convivere con il nuovo uomo. Viveva sola e del suo lavoro, gestiva un albergo sul mare, sul pezzo fino all’ultimo, le mille gioie e le mille richieste della gente che era la sua dannazione e la sua linfa.

Nella palazzina in cui è morta c’è stato il delitto, ancora irrisolto, di Pierina Paganelli, sempre pieno di cronisti con cui aveva legato. Gli faceva anche la pasta, gli spaghetti della Lory col sugo ricco, mai mangiati in nessun ristorante. Il cibo, la danza, la musica, l’altra figlia Debora, bellissima voce ma troppo pura per quel business, oggi anche lei imprenditrice alberghiera, di successo.

Felliniana dicevo, perché il grande maestro aveva colto bene come nei personaggi che la Romagna sforna il vitalismo poggia su un’inquietudine, su un’eccentricità non risolta, forse il rovescio di un dolore. Il rito dell’addio è stato un ultimo ballo di “Romagna mia” davanti alla bara, il gesto voluto da Lory e dalle sue figlie, un ultimo omaggio alla madre e alla terra. Un contrappunto struggente tra la forza dell’amore e l’inevitabilità della morte, un amore che resta, indicibile e profondo.

Claudio Brachino

ClaudioBrachino